Venerdi 20 settembre 2019 H 22,20
Bio:
Roma, 05 maggio 1965.
Avvocato in Torino, opera nel campo del diritto commerciale e contrattuale, diritto dell’Information Technology, diritto d’autore, brevetti e marchi, in particolare con focus su software libero, contenuti e dati aperti.
Docente in “Diritto ed etica della comunicazione” presso il Politecnico di Torino.
Attivamente impegnato per la promozione del software libero e dei diritti fondamentali nel digitale.
1. – E’ ancora attuale l’affermazione di Guido Calogero sull’importanza del dialogo?
Certo: l’essenza del vivere in società è la comunicazione ed il dialogo.
Le nuove tecnologie confermano ciò: la quantità di comunicazioni scambiate tra le persone, grazie alle nuove tecnologie, è aumentata esponenzialmente negli ultimi anni.
Però le nuove tecnologie pongono problemi di adattamento.
Per esempio, la comunicazione mediata dalle tecnologie è più povera (manca il contatto fisico, gli odori, a volte mancano i toni di voce, le posture, i gesti). Fatichiamo ad adattarci alle nuove metodologie di comunicazione (sono arrivate troppo velocemente) ed è comune l’errore di interpretare i messaggi scambiati con le nuove tecnologie come se fossero stati trasmessi nel vecchio mondo.
Un altro esempio. La comunicazione tramite social network tende a rinforzare la polarizzazione delle idee: i social hanno interesse a far sentire a proprio agio le persone che usano i social (dai quali estraggono valore) e quindi tendono a favorire che comunichino persone con pensieri simili.
Risultato: ciascuno si rinforza nelle sue idee e la formazione delle idee profonde della società (i suoi valori, per esempio) procede in modo diverso dal passato (certamente in modo meno lineare).
Calogero scriveva nei primi anni ‘40, il contesto era la transizione da dittatura a democrazia, ci stiamo avviando ad una postdemocrazia a guida (dominazione?) tecnologica?
Non credo sia cambiato molto da questo punto di vista: anche negli anni ’40 la democrazia era dominata dalla tecnologia.
I nazionalismi e i regimi autoritari del secolo passato erano abilitati della propaganda dei mass media.
Non sono sicuro che la situazione attuale sia peggio della situazione disastrosa nella quale ci hanno fatto vivere le tecnologie di comunicazione nel secolo passato.
La speranza è che si possa fare tesoro degli errori del passato.
2. – Il dialogo presuppone affermare, parlando o scrivendo, ed anche ascoltare: quanto è disposta all’ascolto la società di oggi?
Non credo sia molto diverso dal passato: ci sono (come c’erano nel passato) tecniche efficaci per imporre idee evitando il dialogo.
Per questo credo sia importante (oggi come ieri) educare al dialogo, al senso critico, all’ascolto.
3. – In particolare, quanta attenzione riceve il dialogo nelle nuove manifestazioni digitali, nei social?
Be’, i social network come funzionano oggi sono un problema, che è il prodotto del libero fluire delle logiche di mercato: una politica seria dovrebbe correggere questo errore.
Per esempio:
– introducendo tasse che sfavoriscono le tecnologie di piattaforma che permettono di estrarre valore dai dati delle persone,
– favorendo lo sviluppo di tecnologie che permettono la comunicazione da persona a persona in modo diretto, senza intermediari.
Incidentalmente, internet nasceva così: come tecnologia di comunicazione da persona a persona, o peer-to-peer, come si dice in ambito tecnologico.
Si può favorire il risorgere di questo modello “originario” con scelte deliberate: lo stato non dovrebbe lasciare al mercato lo sviluppo delle tecnologie infrastrutturali dell’internet (rete fisica, motori di ricerca, ecc.).
4. – La scienza può dirci qualcosa sul dialogo?
Non posso rispondere, non sono uno scienziato.
5 . – Sono necessarie regole per il dialogo?
Secondo me, assolutamente si.
Il dialogo nasce sulla condivisione di regole, a volte giuridiche, a volte etiche (nel senso di regole di una comunità).